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sfoltimento2Lettera aperta ai Rettori italiani [new: in fondo alla lettera diamo conto dei riscontri. Finora 5 Rettori su 78 hanno avuto la cortesia di rispondere. A giudicare da questo, parrebbe che effettivamente il prof. Puglisi abbia parlato davvero in nome della maggioranza de “I Rettori”, come dal titolo dell’articolo.]

3 Marzo 2014

Ai Rettori delle Università Italiane

Magnifico Rettore,

Lo scorso Venerdì 28 febbraio è stato pubblicato sul Quotidiano Nazionale un articolo dal titolo:

I Rettori chiedono a Renzi la rivoluzione. «Coraggio via gli atenei periferici»

L’articolo consiste in un’intervista al prof. Giovanni Puglisi, particolarmente rappresentativo della “categoria dei rettori”, in quanto Rettore di ben due Università (IULM e KORE), vicepresidente della CRUI e rappresentante della CRUI presso il CUN.

Nell’intervista si legge che tra i problemi urgenti del sistema universitario vi è quello della laurea magistrale perché la laurea «magistrale è riservata a chi appartiene a un censo elevato o a chi ha le idee tanto chiare da scegliere un corso all’estero, perché l’Italia non utilizza molto chi ha una formazione elevata».

Il fatto che il sistema italiano non valorizzi l’alta formazione è un problema reale, anche se non siamo ancora, per fortuna, alla riserva per censo; e per affrontare le difficoltà d’accesso è innanzitutto necessario erogare davvero le borse di studio agli aventi diritto, anzi possibilmente ampliando la platea come avviene in altri paesi OCSE. Invece quale risulta essere la proposta di Puglisi? «La soluzione è unica e impopolare: sfoltire il sistema universitario». E aggiunge: «Vanno tolte di mezzo tante università nate negli ultimi 30 anni. E’ l’unico sistema per ridurre la spesa e aumentare gli investimenti».

L’intervistatore domanda allora se per caso si pensi a un darwinismo universitario: «Lei sta lanciando un darwinismo tra atenei?». «Sì, anche per ridare spazio al merito come chiede Renzi. Se poi si arrivasse all’abolizione del valore legale del titolo di studio, la rivoluzione sarebbe completa».

E’ forse appena il caso di ricordare ancora una volta che l’ipotesi di abolizione del valore legale del titolo di studio è stata largamente bocciata in una recente consultazione pubblica attivata dall’allora ministro Profumo?

Tralasciamo le ulteriori osservazioni, di dubbia oggettività, che compaiono nell’articolo sul ruolo centrale degli atenei privati che, attraverso la competizione, alzerebbero «il livello della qualità e della didattica». Si tratta nel complesso di posizioni quanto meno bizzarre, specie tenendo conto che l’Italia è tra i paesi europei con il minor numero di università per numero di abitanti e con una delle più basse percentuali di laureati in rapporto alla popolazione.

Più volte Rete29aprile – Ricercatori per un’università pubblica, libera, aperta – ha criticato la CRUI, per scelte come l’appoggio dato alla legge Gelmini, i cui previsti effetti nefasti si stanno puntualmente verificando, o per il suo silenzio su questioni rilevanti come la proroga del blocco degli scatti stipendiali, la esiguità di percorsi RTD-B attivati dagli atenei o la violazione del tetto massimo per le tasse universitarie.

Riteniamo infatti che la CRUI abbia fallito più volte quando ha utilizzato la tattica dell’accondiscendenza nei confronti dei peggiori luoghi comuni sulle Università che si è ripetutamente risolta nell’accettazione passiva (quando non nella promozione attiva) di provvedimenti draconiani da parte dei ministri di turno forse nella speranza, peraltro spesso vana, di ottenere modesti rifinanziamenti del sistema. Quando invece in una fase di difficoltà del Paese occorrerebbe difendere e rilanciare pubblicamente il ruolo e la funzione, anche sociale, degli Atenei, della ricerca e dell’alta formazione.

Ci sembra del tutto incredibile e inaccettabile che la CRUI, i cui membri sono i Rettori eletti dalle diverse università, possa condividere le affermazioni riportate nell’intervista al prof.  Puglisi e possa promuovere il «darwinismo tra atenei» e lo «sfoltimento del sistema universitario»”.

Per tutte queste ragioni Le chiediamo un pronto intervento chiarificatore per rendere noto al mondo dell’università e all’opinione pubblica quale sia la Sua posizione e quella del Suo ateneo rispetto a tali dichiarazioni e a tali proposte di intervento, e chiediamo che la CRUI nel suo complesso si dissoci da tali affermazioni e pretenda le dimissioni del Prof. Puglisi dalla carica di vicepresidente e rappresentante presso il CUN, giacché Puglisi ha palesemente mostrato di non sposare le finalità statutarie della CRUI stessa quale quella di rappresentare e valorizzare il sistema delle autonomie universitarie in ogni sede nazionale e internazionale, svolgendo attività di coordinamento, di indirizzo, di tutela e di promozione degli Atenei italiani”.

Rimaniamo in attesa di una sua gradita risposta, cui daremo ampia diffusione (ritenendo un eventuale silenzio un implicito appoggio alla posizione espressa dal Prof. Puglisi).

Distinti Saluti

Coordinamento Rete 29 aprile

Ricercatori per un’università pubblica, libera aperta

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Diamo volentieri conto delle risposte pervenute. La lettera aperta è stata inviata a tutti i Rettori, con richiesta di una cortese risposta: quanti di loro non rientrano nell’elenco qui di seguito evidentemente non hanno avuto ancora tempo di rispondere oppure non sono in dissenso con l’articolo titolato “I Rettori chiedono a Renzi la rivoluzione. «Coraggio via gli atenei periferici»”. Immaginiamo che ritengano sempre “l’altro” come l’Ateneo da tagliare. A noi continua a sembrare esattamente la miope prospettiva che, da anni, sta contribuendo allo smantellamento del sistema universitario pubblico.

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Gentili Sig.ri,

che mi risulti la CRUI non ha mai condiviso quanto dichiarato dal Rettore Puglisi. Pertanto ritengo le predette dichiarazioni fatte a titolo personale.

Personalmente, inoltre, ho opinioni diverse da quelle rappresentate dal Rettore Puglisi nell’intervista del 28/02.

Saluti,
Eugenio Di Sciascio
 

[Rettore del Politecnico di Bari] 

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Gentili signori,

ritengo che la posizione del Prof. Puglisi sia da ritenersi del tutto personale e non coinvolge in alcun modo la CRUI, che, almeno per quanto ho potuto constatare in questi primi mesi, ha atteggiamento diverso, cosi’ come confermato dal punto 4) dell’appello formulato al neo Presidente del Consiglio in data 20 febbraio e che e’ reperibile sul sito della CRUI.

Cordialmente

Filippo de Rossi

[Rettore dell’Università del Sannio]

[ndr: l’articolo dal titolo I Rettori chiedono a Renzi la rivoluzione. «Coraggio via gli atenei periferici» è del 28 febbraio, dunque successivo al riferimento suggerito dal prof. de Rossi. Attualmente (07/03/2014, h 14.41) il sito CRUI non riporta alcuna smentita (che pure era stata richiesta da noi e da altri): dunque quell’articolo, attraverso l’autorevolezza del Vicepresidente della CRUI e tenuto conto del titolo, sembra riportare di fronte all’opinione pubblica la posizione di quella associazione. Per questo motivo appaiono molto significative le posizioni, qui riportate, esplicitate dai Rettori in risposta alla nostra lettera aperta.]

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Nel merito alla lettera inviata il 3 marzo 2014 da “Rete 29 Aprile” ai Rettori delle Università italiane, ritengo di dover formulare le seguenti brevi osservazioni.


Si ritiene che non necessariamente il miglioramento dell’efficienza del sistema universitario nazionale debba passare attraverso una riduzione delle università pubbliche. Al contrario, si ritiene che il sistema universitario nazionale, nel suo complesso, debba essere maggiormente incentivato attraverso una serie di provvedimenti, anche di ordine finanziario, che ne aumentino la possibilità di produrre ricerca e alta formazione.
In particolare, sotto il versante finanziario, a parte l’enorme divario in termini di finanziamento pubblico alla formazione universitaria e alla ricerca tra L’Italia e gli altri paesi europei che ci relega nelle ultime posizioni, la legislazione dovrebbe incentivare i privati dando luogo ad un sistema in cui l’intervento pubblico e quello privato, piuttosto che escludersi vicendevolmente, si integrino, fuori da una logica “surrettizia”, e convivano a vantaggio del sistema paese, come già del resto avviene in diverse altre realtà interazionali. Se appare, poi, abbastanza ovvio che i flussi di  finanziamento pubblico vadano verso gli atenei più virtuosi secondo parametri fissati ex ante, certi e uguali per tutti (e qui di strada ce ne molta da fare), appare pure abbastanza ragionevole che tali parametri tengano conto del contesto sociale ed
economico in cui ogni Ateneo è inserito.
Sotto il versante della razionalizzazione dell’offerta didattica, appare quanto mai opportuno procedere verso una revisione dei percorsi di laurea triennali e magistrali (3+2) che vada nel senso di una maggior qualificazione dei corsi e che, garantendo l’accesso agli studi ai soggetti più meritevoli e
bisognosi, colmi il divario che esiste, quanto a numero di laureati, tra gli altri paesi europei e l’Italia.
Com’è noto, infatti, in nostro è il paese tra quelli industrializzati che possiede, in termini percentuali e assoluti, il minor numero di laureati, riverberandosi tutto ciò sulla capacità del paese di produrre innovazione, sviluppo e, quindi, in altri termini, nuova occupazione. Non costituisce, al contrario, oggetto d’impedimento alla crescita del sistema universitario italiano, la possibilità che gli atenei, in contesti territoriali più o meno ampi, possano procedere a forme di collaborazione, più o meno estese, nella formulazione dell’offerta didattica e, soprattutto, nella formulazione e gestione dei progetti di ricerca scientifici, potendo in questo modo il sistema usufruire di tutte le economie di scala che tale condivisione determina nella gestione e distribuzione delle risorse umane e finanziarie.
Occorre infine considerare che il nostro paese è ai vertici di una classifica rovesciata, sia per il numero di università presenti in rapporto agli abitanti (l’Italia secondo i dati più recenti è di gran lunga distanziata dai maggiori paesi europei) sia, soprattutto, per il rapporto esistente tra numero di studenti e docenti (l’Italia risulta quart’ultima su 26 nazioni considerate dall’OCSE). Pertanto, la chiusura di sedi universitarie impoverirebbe un sistema di formazione universitaria già, con tutta evidenza, debole e sottodimensionato.


Pietro Navarra
[Rettore dell’Università di Messina]
 

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Mi scuso per la tardiva risposta. In occasione della inaugurazione del nostro accademico, che si è svolta alla presenza del Presidente della Repubblica, la mia relazione ha affrontato i problemi del sistema univeristario e si è, nell’ultima parte, soffermata proprio sulla questione del numero delle Università, con una chiara presa di posizione.
La mia relazione è scaricabile all’indirizzo

http://www.bda.unict.it/Public/Uploads/article/Inaugurazione%20anno%20accademico%2013-14_Discorso%20del%20Rettore.pdf

Sempre disponibile per un confronto su queste e altre questioni
Cordialmente
Giacomo Pignataro

[Rettore Università di Catania]

 

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Gentilissimi,
naturalmente nessun appoggio alla posizione espressa dal Rettore Puglisi. In ogni caso, il Rettore Puglisi ha affermato di aver espresso opinioni personali e non delle Istituzioni che rappresenta in qualità di Rettore o, men che meno, in qualità di vice-presidente della CRUI. Ovviamente, anche questo è opinabile.

Sono del parere che mai come in questo momento sia necessario essere compatti nel sistema universitario al fine di far comprendente agli interlocutori politici e alla società civile l’importanza dell’istruzione superiore per la crescita socio-economica del Paese. Questo concetto è ampiamente ripetuto da tutti, politici e non, ma ad esso non seguono mai i fatti.

Un cordiale saluto,
Vincenzo Zara

[Rettore Università del Salento]